IL FRONTE CALDO DELLE FONTI RINNOVABILI
Addebito sbilanciamenti da rivedere e ipotesi calo incentivi retroattivi
(17/06/2014)
Il Consiglio di Stato boccia il provvedimento dell'Autorità per l'Energia
sull'addebito degli oneri di sbilanciamento per le fonti
rinnovabili, infatti il Consiglio ha respinto il ricorso dell'Autorità contro l'annullamento della
delibera 281/2012, in quanto il provvedimento non tiene conto
delle peculiarità di ciascuna fonte.
Nella sentenza si evidenzia:
la regolazione economica e
tecnica dell'Autorità deve, pertanto, esercitarsi in modo da pervenire ad una
soluzione che, da un lato, tuteli il mercato nella sua interezza mediante
l'imposizione anche alle unità di produzione in esame dei costi di
sbilanciamento, dall'altro, introduca meccanismi calibrati sulla specificità della fonte in grado di tenere conto della
modalità di produzione dell'energia elettrica e delle conseguenti difficoltà di effettuare una previsione di immissione in rete che raggiunga
il medesimo grado di affidabilità che devono garantire le unità di produzione
di energia programmabile". In definitiva, conclude la
sentenza, "rientra
nella valutazione tecnica dell'Autorità il potere di individuare, nel rispetto
del principio di parità di trattamento tra gli operatori economici del settore,
la modalità di ripartizione dei costi di sbilanciamento che tengono conto della
peculiarietà della fonte".
Di conseguenza l'Autorità
dovrà rivedere le modalità di ribaltamento e addebito degli oneri di
sbilanciamento, emanando un nuovo provvedimento, che tenga conto delle
diversità delle fonti.
Sulle fonti rinnovabili
serpeggia anche altri importanti provvedimenti, che risultano essere al vaglio
del Governo, per riuscire a concretizzare il noto decreto taglio-bollette del
10%.
Infatti si sta parlando di
uno spalma incentivi obbligatorio retroattivo contro il fotovoltaico, che ha
già fatto sollevare gli scudi delle associazioni di categoria, in quanto si
configurerebbe incostituzionale.
Un simile provvedimento, che
colpirebbe gli impianti fotovoltaici esistenti sopra i 200 kWp, allungando da
20 a 25 anni il periodo di incentivazione con la relativa riduzione
dell'incentivo annuo, si configurerebbe come un intervento su contratti di
diritto privato
(GSE), o comunque su decisioni già assunte dai produttori che
hanno effettuato investimenti e contratto oneri in base a previsioni economiche
di cui l’aspettativa dell’incentivo è parte determinante.
Tutto questo a causa del
fatto che il Governo sembrava aver accantonato la misura retroattiva, che però
è ritornata in gioco dopo che si è capito che l'opzione alternativa, ridurre la
componente A3 con cartolarizzazioni ed emissioni di bond, non era
praticabile perché i bond del GSE, così come la cartolarizzazione, in base alle
regole Eurostat rischiano di gravare sul debito pubblico.
Da ultime indiscrezioni la
nuova misura sembra che preveda la facoltà degli operatori nel scegliere tra
spalma-incentivi e una nuova
tassa sui ricavi, ma che sarà difficile capire come sarà la
misura nella versione finale del decreto, che al momento nella bozza non prevede
nulla al riguardo.